Non ci aspettavamo una così grande discussione su Barbari, la nuova serie targata Netflix sulla disfatta romana di Teutoburgo, che da una parte affascina il grande pubblico con la sua trama avvincente e i suoi effetti speciali, mentre dall’altra fa storcere un po’ il naso agli amanti e agli appassionati della storia romana.
In tanti hanno chiesto la nostra opinione in merito, e anche se non ci occupiamo di critica cinematografica, visto l’argomento della serie, abbiamo voluto commentare le scelte della produzione.
Premessa
Come già detto, Renovatio Imperii non si occupa di recensioni di serie TV o di opere cinematografiche. Per questo, abbiamo deciso di analizzare Barbari esclusivamente dal punto di vista dell’accuratezza storica, tralasciando completamente la fotografia, il sonoro e la postproduzione della serie.
Se ancora non avete guardato la serie e foste intenzionati a farlo, vi invitiamo a non andare oltre: da questo punto in poi l’articolo conterrà una notevole quantità di spoiler!
Barbari: la Trama
9 d.C. – La vita per i Cherusci della Germania Magna è tranquilla: nei villaggi la gente è pronta a prepararsi per l’inverno ormai alle porte, mentre i bambini giocano tra di loro rincorrendosi tra i boschi verdeggianti che circondano l’abitato. La tranquilla atmosfera di fine estate è però improvvisamente rotta dal frastuono degli zoccoli della cavalleria romana, che irrompe nel villaggio pretendendo nuove tasse e annunciando l’arrivo nella Provincia di Publio Quintilio Varo.
Stritolati dalla nuova pressione fiscale romana, i Cherusci decidono di rubare l’insegna aquilifera della legione di Varo per dare un segnale a tutti quanti i popoli germanici. L’impresa riesce e Varo, in preda alla furia, invia il figlio adottivo Arminio a recuperare l’aquila.
Durante la ricerca Arminio rincontra i suoi amici di infanzia, che gli raccontano tutte le angherie e le torture subite dai romani. Arminio inizia a nutrire dei dubbi nei confronti del padre adottivo, e le continue azioni riprovevoli compiute dai legionari nei confronti dei germani iniziano a fargli odiare ciò che è diventato: un cherusco nominato prima prefetto e poi equite dall’Imperatore in persona.
Arminio decide di cambiare definitivamente fazione dopo aver scoperto che Varo, suo padre adottivo, lo aveva in realtà trattenuto come ostaggio in tenera età per poterlo successivamente nominare Reik dei Cherusci, in modo da avere un suo fantoccio alla guida della tribù germanica più importante. Il prefetto, divenuto ormai un Re barbaro a tutti gli effetti, sfrutta le sue conoscenze per organizzare un’imboscata alle legioni romane, che cadono nella trappola e vengono massacrate nella selva di Teutoburgo.
La crudeltà dei romani
Nella serie i romani vengono dipinti come dei perfidi invasori, ciechi di fronte alle sofferenze delle tribù germaniche, che considerano di una razza inferiore. I legionari non si fanno scrupoli a entrare nei villaggi razziandone le abitazioni e malmenandone i residenti solo per il gusto di farlo, con un perenne e perfido ghigno sul volto. In questo contesto anche la figura di Varo assume tratti sanguinosi e cinicamente machiavellici, che sembra di colpo “rintontirsi” se messa di fronte alle scelte difficili che un uomo del suo rango è tenuto a compiere.
I germani, invece, sembrano vivere in pace e in tranquillità, al netto di qualche scaramuccia verbale tra tribù. Tutti i Reik sembrano saggi, assennati e riflessivi quando si riuniscono nelle assemblee al Thing (tranne quelli in buoni rapporti con i romani). Ma quanto c’è di vero?
Quello che apprendiamo dalle fonti storiche è abbastanza diverso da quanto raccontato nella serie: le varie tribù germaniche furono in realtà caratterizzate da continue faide e lotte intestine, e mai esistette un senso di unità “germanica”. Le tribù, pur avendo dialetti simili e cultura comune, potevano considerarsi quasi delle nazioni a parte, con mire e interessi eterogenei. L’unico momento della storia in cui le tribù germaniche fecero fronte comune fu appunto sotto Arminio, che riuscì, non senza difficoltà, a tenerle unite per nemmeno dieci anni usando esclusivamente l’odio nei confronti di Roma come collante.
Anche i romani, che in Barbari vediamo nelle vesti degli invasori, in realtà arrivarono in Germania per mettere un freno ai continui sconfinamenti dei germani nelle province romane della Gallia. Augusto, per il quale la Germania rappresentava nient’altro che una foresta priva di risorse, acquitrinosa e inospitale, dovette inviare suo malgrado le legioni per pacificare l’area e spostare il confine dal Reno all’Elba. Sarebbe stato infatti molto più semplice tenere sotto controllo quest’ultimo confine, poiché più corto e facilmente difendibile.
Anche il senso di superiorità dei romani nei confronti dei germani e le angherie che questi ultimi sono costretti a subire (così come viene rimarcato nella serie), hanno pochi fondamenti storici. Essendo la popolazione germanica distribuita in piccoli e numerosissimi villaggi, i contatti tra romani e locali furono rarissimi: erano alcune tribù-cliente alleate dei romani che, conoscendo il territorio, si interfacciavano tra i Reik / capi vilaggio e i romani stessi. Anche l’esattoria delle tasse (che vennero effettivamente alzate da Varo) era delegata a queste tribù, al contrario di quanto si può vedere nella serie. Erano dunque i germani stessi a recarsi nei villaggi delle altre tribù per riscuotere le tasse, anche se per conto dei romani.
Inoltre, le relazioni tra cittadini romani e stranieri erano regolate dallo Ius Gentium, il diritto delle genti, che garantiva un trattamento giusto a tutte le persone che non si fossero mostrate ostili nei confronti di Roma.
Arminio
Secondo l’opera Netflix, Arminio sarebbe stato strappato dalle braccia dei suoi genitori, preso come ostaggio e inviato a Roma per essere poi adottato da Varo, ma la realtà, ancora una volta, è ben diversa. Arminio non fu rapito dai romani ma fu lo stesso Segimero, suo padre, a inviarlo a Roma come ostaggio per evitare ripercussioni in seguito alle continue razzie perpetrate dai Cheruschi in Gallia. Nell’Urbe venne educato secondo la cultura romana e già giovanissimo intraprese la carriera militare assieme a suo fratello. Nell’esercito raggiunse (forse) il grado di Pretore di una Coorte ausiliaria germanica.
Non fu allevato né tantomeno adottato da Publio Quintilio Varo, che durante l’infanzia di Arminio venne inviato da Augusto prima come Proconsole in Africa e successivamente come Legato in Siria. Varo e Arminio, probabilmente, si conobbero in Germania solo nel 7 d.C., un anno e mezzo prima della sconfitta romana.
Arminio non venne nemmeno mai nominato Reik dei cherusci da Varo. Questa sorte toccò invece al fratello, Flavus, che dopo aver servito fedelmente sotto l’esercito romano per tutta la sua vita, si ritirò in Germania dove divenne un capo cherusco.
La battaglia e i costumi
Mentre nella serie la battaglia sembra svolgersi in poche ore, nella realtà durò ben tre giorni. I germani non attaccarono mai in campo aperto da entrambi i lati la colonna romana, ma si limitarono a bersagliarla con frecce e giavellotti dall’altura del Kalkriese, a sud del serpentone romano, che aveva raggiunto e superato i tre chilometri di lunghezza. Buona parte dei legionari morirono affogati tentando di scappare per le paludi a nord, mentre altri riuscirono addirittura ad allestire un campo in una piccola radura, il tutto sotto nugoli di frecce, pietre e giavellotti.
Lo scontro finale, se così possiamo chiamarlo, si ebbe solo dopo il suicidio di Varo e degli altri ufficiali, quando ormai i romani erano già stati decimati dalla pioggia di proiettili, stremati dalla fame e dal freddo. Nella serie, alla fine della battaglia si vedono i germani festeggiare allegramente e farsi beffa dei nemici, ma vengono omessi tutti gli atti brutali compiuti dai barbari nei confronti dei prigionieri: sacrifici umani, umiliazioni, mutilazioni e torture descritte nel dettaglio dai pochi sopravvissuti.
Se la trama di Barbari riscontra qualche problema dal punto di vista dell’attendibilità storica, dall’altro lato costumi e ambientazioni sono molto fedeli agli originali. In questo senso la produzione si è avvalsa della consulenza di diversi studiosi e rievocatori, che hanno dettato alla regia la giusta via da percorrere. Non mancano tuttavia alcuni errori, come ad esempio la solita staffa (sconosciuta agli europei fino all’alto medioevo).
Sulle corazze romane la produzione non poteva fare di meglio: i legionari indossano una lorica segmentata tipo Corbridge, che fu usata in effetti fin dal I secolo. Grazie ad alcuni ritrovamenti dello scorso ottobre, però, si è scoperto che in Germania i legionari usassero una lorica modello Kalkriese, che differisce leggermente dalla Corbridge. Tuttavia le registrazioni della serie sono precedenti al ritrovamento, quindi non ci sentiamo di inserire questo della lorica tra gli errori.
Anche gli elmi romani dei centurioni e degli ufficiali (forse per la prima volta nella storia del cinema) si vedono finalmente decorati da piume colorate e non dal classico “scopettino” in PVC. Allo stesso modo i germani sono stati correttamente vestiti con abiti colorati con diverse fantasie e non dai soliti corpetti in pelle sormontati da enormi pellicce.
Barbari: conclusioni
La produzione di Barbari (tedesca, ndr) avrebbe potuto ripercorrere fedelmente i fatti senza la necessità di romanzare e, in alcuni casi distorcere, gli avvenimenti per far sembrare i romani una specie di nazisti sanguinari ante litteram e i germani un tranquillo e pacifico popolo in simbiosi con la natura. Capiamo che le necessità di trama possono portare a piccole deviazioni rispetto al solco originale, ma una caratterizzazione così spinta dei personaggi romani risulta caricaturale e per certi versi anche grottesca.
Avremmo apprezzato molto anche un’eventuale versione in “lingua originale”, con i germani parlare i vari dialetti locali e i romani il latino, come è stato fatto con la serie Romulus. Ci hanno invece colpito positivamente costumi e ambientazioni, decisamente sopra la media dei film a cui siamo abituati.
- Trama: 6 / 10;
- Caratterizzazione dei personaggi: 4 / 10;
- Attendibilità storica: 5 / 10;
- Costumi: 9 / 10;
- Ambientazioni: 8 / 10.
Salvatore Maruccio