Può un attimo allietare una vita intera? Un singolo momento felice è in grado di sopperire ad un’esistenza colma di negatività? Un ricordo profondo, talmente gioioso da scaldare il cuore, sciogliendo lo spesso strato di ghiaccio che pian piano la vita erge attorno ad esso. Così deve essere. L’uomo ha bisogno di crederlo per non abbandonarsi alla disperazione: la fugacità di un solo istante deve sopperire ad ogni male.
Probabilmente Claudia Ottavia, figlia dell’imperatore Claudio e della sua terza consorte, Valeria Messalina, avrà avuto qualche momento felice, durante la sua infanzia. Non dissimile dalla bisnonna Ottavia Minore, sorella del princeps Augusto, poté vantare le medesime virtù, ma anche un simile destino. Tuttavia, un aspetto rese Claudia Ottavia diversa da Ottavia Minore: nessun uomo la protesse come avrebbe meritato.
È proprio in onore della bisnonna che Claudia Ottavia ricevette il suo nome. Sorella di Britannico, nacque tra il 39 e il 40 d.C. Alla tenera età di un anno, ancora non padrona del suo linguaggio e dei suoi movimenti, venne promessa a Lucio Giunio Silano. Il loro fidanzamento durò fino al 48 d.C.: sette lunghi anni nei quali si succedettero la morte della madre Valeria Messalina e l’unione del padre, l’imperatore Claudio, con Agrippina Minore. Nel tentativo di legittimare l’ascesa al trono di Nerone, la madre Agrippina Minore convinse il princeps Claudio a sciogliere le promesse fatte a Silano, concedendo la mano della figlia Claudia Ottavia a Nerone. Lo storico Cassio Dione – anche se non supportato dalle altre fonti, quali Tacito e Svetonio – narra che, per evitare di unire in matrimonio un fratello ed una sorella, Claudio fece adottare Claudia Ottavia ad un’altra famiglia. Il giorno delle nozze, il cielo sembrò prendere fuoco. Nella cultura romana, i prodigia erano segni dell’ira divina: gli dèi non erano favorevoli all’unione.
Il matrimonio avvenne nel 53 d.C.: ella aveva appena tredici anni, era ancora una bambina. Ciononostante accolse il suo destino con innata eleganza, manifestando pietas, fides ed ogni altra virtù ereditata dalla bisnonna Ottavia Minore. La gente donò il proprio cuore all’imperatrice, devota alla sua nobile figura. Ciò attirò le antipatie di Nerone, il quale “provava fastidio per il nobile nome del padre e l’amore che il popolo le portava”[1]. Divenuto imperatore dopo la prematura morte di Claudio, Nerone trascorse la vita coniugale abbandonandosi alle tentazioni e alla lussuria: dapprima invaghito della liberta Atte, le sue attenzioni vennero completamente catturate da Poppea Sabina.
Nel frattempo, le trame politiche non si arrestarono. Agrippina Minore, preoccupata dell’ascendente di Poppea sul figlio, sostenne l’ascesa al potere dell’erede naturale di Claudio, Britannico. Nerone, sempre più deciso nell’eliminare ogni temibile avversario, ne ordinò l’assassinio. Claudia Ottavia non mostrò emozioni: “aveva imparato a nascondere dolore, amore, ogni affetto”[2] a soli quindici anni, età in cui si è vittima e specchio di ogni sentimento.
La volubilità dell’animo di Nerone lo spinse a desiderare di unirsi a Poppea Sabina in matrimonio. Per fare ciò, doveva cercare un valido pretesto per divorziare da Claudia Ottavia, impresa alquanto ardua. In un primo momento, l’imperatrice venne accusata di sterilità – calunnia rinnegata dallo stesso Nerone, il quale l’accusò successivamente di aver interrotto una gravidanza frutto di un tradimento.
Venne quindi tacciata di adulterio, ma il processo non sortì l’effetto desiderato: la devozione verso Ottavia era talmente potente che una delle sue schiave si rifiutò di accusarla anche sotto tortura. Nerone tentò di esiliarla in Campania, ma i frequenti malumori sorti nella popolazione a seguito della sua partenza costrinsero l’imperatore ad accettare il suo ritorno. Le genti “salirono subito festosi in Campidoglio, ringraziarono finalmente gli dèi, abbatterono le statue di Poppea, portarono sulle spalle le effigi di Ottavia, spargendole di fiori e deponendole nel Foro e nei templi.”[3]
Poppea e, di conseguenza, il princeps non accolsero bene la reazione popolare: era necessario sbarazzarsi di Claudia Ottavia. Con l’aiuto di Aniceto, comandante della flotta di Miseno – il quale testimoniò di essere stato l’amante dell’imperatrice – Claudia Ottavia, innocente eppure tanto odiata, venne esiliata sull’isola di Pandataria. Fu proprio in quel luogo che a soli ventidue anni, la pura e virtuosa Claudia Ottavia venne assassinata da sicari inviati da Nerone.
Nessun ricordo gioioso per l’imperatrice esule. Nessuna consolazione, seppur amara. Nessuna pietà.
“Chi la vide ebbe una struggente pietà, quale non fu provata di fronte a nessun’altra donna esule. Alcuni si ricordavano ancora di Agrippina [Maggiore] esiliata da Tiberio, ricordo più recente era quello di Giulia [Livilla], bandita da Claudio. Ma queste due erano donne ormai formate, con l’esperienza di qualche gioia e con la possibilità di alleviare un presente crudele con il ricordo di essere state un giorno felici. Per Ottavia, invece, il giorno stesso delle nozze fu un giorno luttuoso, poiché era stata accolta in una casa dove non trovò che pianto: il padre e subito dopo il fratello erano stati tolti di mezzo col veleno; poi una schiava, che era stata più potente di lei, che era la padrona; poi Poppea, che era stata sposata proprio per la rovina di lei, moglie legittima; e infine, più dolorosa di ogni morte, l’accusa.”[4]
Sabina Petroni
Bibliografia
Liliana Madeo, Ottavia. La prima moglie di Nerone, Milano 2006.
Tacito, Annales, XIIII – XIV.
Cassio Dione, Storia Romana.
[1] Tacito, Annales, XIV, 59.
[2] Tacito, Annales, XIII, 16.
[3] Tacito, Annales, XIV, 61.
[4]Tacito, Annales, XIV, 63.