Introduzione
Fatta eccezione per la crisi del III secolo, spesse volte trattata nelle nostre rubriche, il V secolo può dirsi con relativa certezza quello in cui il dissolversi della civiltà romana, la decadenza delle sue istituzioni e il tramonto dell’autorità imperiale in occidente si fanno più evidenti. E tuttavia, con queste parole non intendiamo riferire di un qualche fatto negativo, di cui il periodo affrontato peraltro abbonderebbe, bensì, narrare di un evento fondamentale nell’ultimo scorcio di storia propriamente romana in occidente, tristemente, o felicemente, ricordato come l’ultima grande vittoria di Roma.
Contesto storico
Intorno alla metà del V secolo dopo Cristo, sulla scorta del sistema amministrativo dioclezianeo-teodosiano, a reggere le sorti dell’Impero erano Valentiniano III (425-455), nella pars occidentalis, e Marciano (451-457), nella pars orientalis.
Lo scenario politico con cui Roma e Costantinopoli dovettero confrontarsi era disastroso: il primato romano sulle Gallie era ormai nominale poichè i Franchi ne occupavano le regioni settentrionali, i Burgundi i territori adiacenti alle Alpi e i Visigoti l’Aquitania; la penisola iberica aveva visto insediarsi nel suo cuore una grande quantità di popolazioni Visigote; i Vandali controllavano saldamente l’Africa dai tempi di Maggioriano (430 d.C); in ultimo, gli Unni premevano sui confini occidentali e orientali saccheggiando gli insediamenti più ricchi di risorse e minacciando la devastazione delle terre più fertili se non si fossero veduti riconoscere pesantissimi tributi in oro, argento e vettovagliamenti.
Ostacolati nello svolgere le loro più elementari mansioni a causa degli sconquassamenti sociali, economici e militari, i funzionari romani riuscivano difficilmente, e più spesso non riuscivano affatto, a mantenere saldo il controllo sulle province romane di loro competenza, anche perché, all’avvicinarsi del fatidico crollo, già s’intravedevano le premesse dell’emergere dei codici romano-germanici, dei sistemi amministrativi duali e quindi del più generale disfarsi della romanità in senso giuridico.
Svolgimento
Come già accaduto in precedenza, fu l’estro di un solo uomo a risollevare le sorti di Roma, riaffermando ancora una volta l’inarrivabilità di un sistema, seppur morente, capace di estrarre le risorse per combattere in maniera impareggiabile: Flavio Ezio, Magister Militum delle Gallie, Generale romano di sangue scita nato a Durostorum (odierna Bulgaria).
Nel 451 il Leader degli Unni, Attila, prese la decisione di condurre una campagna militare nelle Gallie, fino a quel momento rimaste fuori dalle mire del Flagello di Dio. La decisione, contraria alla più tradizionale strategia unna di non imbracciare mai le armi contro ambo le parti dell’Impero, aveva ragioni precise: le politiche di Costantinopoli con Attila si erano indurite, e Marciano, allora Imperatore romano d’Oriente, non intendeva proseguire il pagamento di quei tributi che fino allora avevano calmato la sete di ricchezze degli uomini di Attila; inoltre, il Sovrano dei Vandali, Genserico, secondo lo storico romano Giordane, era riuscito nell’intento di convincere Attila a muovere guerra ai Visigoti, stanziati nei territori occidentali. Il destino di Flavio Ezio si intersecava così con quello di Attila e di Roma stessa, che gli Unni, saccheggiate le Gallie, avevano intenzione di mettere a ferro e fuoco. Benchè inizialmente poco preparato e sprovvisto di uomini, il Magister Militum delle Gallie riuscì a radunare un vasto esercito di coalizione, composto da Romani, Visigoti e Alani, unito provvisoriamente dal comune interesse di mettere la parola fine alle devastazioni, ai crimini e alle violenze degli Unni.
Il baluardo della Repubblica e il terrore dei Barbari, come Ezio viene descritto dallo storico Inglese Edward Gibbon, incontrò le schiere di Attila presso i Campi Catalaunici (Chalons en Champagne) il 20 Giugno dell’Anno del Signore 451: la vittoria delle forze romano-visigote fu schiacciante.
Conclusioni
A due anni dal trionfo di Flavio Ezio, Attila avrebbe tentato nuovamente la sorte pianificando l’invasione dell’Italia. Questi, giunto a Mantova, come racconta la tradizione, sarebbe stato tuttavia fermato e convinto alla ritirata da Leone I, Papa e Vicario di Cristo. Nel 453 Attila morì, si dice, per un’emorragia.
Venuto ex nihilo, dal nulla, Attila, nel nulla, in nihilo, tornò nuovamente.
Samuele Vasapollo
L’autore: Samuele Vasapollo, vicepresidente di Renovatio Imperii, si occupa della direzione dell’associazione, dell’organizzazione di eventi, conferenze, e della stesura di articoli, con un focus sull’età tardo imperiale, bizantina, islamico-califfale e ottomana. Caporedattore della rubrica “Geopolitica Imperii”, lavora in ambito accademico e professionale come analista di relazioni internazionali. Si dedica specialmente allo studio dell’area MENA (Medioriente e Nord Africa) e dello spazio post-sovietico. Al momento, è analista geopolitico presso lo IARI (Istituto Analisi Relazioni Internazionali) e ISG (Italia Strategic Governance).
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