L’autore, Orlando Miceli – Fiorentino, classe ’95. Baccalaureato in Politikwissenschaft all’universitá di Vienna, studia a Trento per divenire consulente politico, con focus su economia politica, geoeconomia e geopolitica. Privatamente si interessa di storia, filosofia politica, strategia e sistemi d’arma.
La recente campagna di bombardamenti mirati condotta dalle forze armate israeliane, contro la quale Hamas e altri gruppi di resistenza palestinesi hanno reagito con il lancio di centinaia di razzi dalla Striscia di Gaza, ha evidenziato l’ormai generale insofferenza di quasi tutte le parti coinvolte nel conflitto fra Israele e Palestina; le interpretazioni degli eventi degli ultimi giorni variano, e sono molte le chiavi di lettura che si possono applicare: scontro politico-militare, interessi internazionali, legittimazione interna di Hamas e del partito Likud di Netanyahu, etc.1.
Lo scopo di questo articolo non è tanto di commentare i fatti recenti, quanto lo è invece attirare l’attenzione su alcune ben specifiche dinamiche di medio e lungo termine.
Per fare ciò, si fornirà quindi una chiave di lettura basata su uno degli strumenti forse meno conosciuti della geopolitica, ovvero la geodemografia.
Nel Vicino Oriente si sono difatti già da tempo avviate dinamiche di sviluppo demografiche che andranno sicuramente ad incidere sugli equilibri di forza della regione, per motivi ben specifici.
É innanzitutto necessario capire la dimensione dello sviluppo demografico futuro dello Stato di Israele; ad oggi, le proiezioni ufficiali rilasciate dall’ONU indicano un robusto aumento della popolazione, che dai 9 milioni odierni dovrebbe raggiungere i 10 milioni già entro il 2030, per arrivare a 12 entro il 20502. Si parla quindi di un aumento netto di 90,000-100,000 unità su base annua, ovvero all’incirca di un cospicuo 1% annuo.
Questa crescita demografica non è affatto omogenea, e anzi vi sono notevolissime disparità fra le varie comunità socio-etniche israeliane, ed è ormai da anni oggetto di varie ricerche e statistiche effettuate da istituti come lo Israeli Democracy Institute (IDI).
La demografia degli ebrei ultraortodossi
Gli ebrei Haredi (comunemente noti come “ultraortodossi”) rappresentano una delle variabili più dinamiche e più rilevanti. Se la comunità Haredi ad oggi conta più di un 1 milione e 120 mila unità, si prevede che essa cresca con un rateo doppio rispetto a quello del resto della popolazione3, data anche la enorme fertilità delle donne Haredi, che pur essendo in leggero calo rispetto ai decenni passati, fluttua ancora in prossimità dei 7 figli pro capite, più del doppio dei 3.1 di media4.
É inoltre degno di nota il fatto che entro il 2050 la comunità Haredi diventerà una minoranza più numerosa di quella araba5, mentre un terzo degli Israeliani entro il 2059 sarà Haredi6.
Un rapporto rilasciato dal Consiglio economico nazionale sotto l’egida dell’ufficio del Premier israeliano nel 2015 ha inoltre indicato come a perdere terreno sarebbero anche gli ebrei laici e non-credenti (con una natalità media di ~2.3) e degli arabi cristiani (inferiore a 2)7; a ciò bisogna oltretutto sommare un fattore spesso poco discusso per quanto riguarda la natalità, ovvero la distribuzione delle nascite relativamente all’età del genitore.
Difatti, gli ebrei Haredi cominciano ad avere figli già da giovani, e il ~45% delle nascite si concentrano fra il 20° e il 29° anno d’età8, mentre per gli ebrei laici solo il ~25% delle nascite avviene nello stesso periodo; pure gli arabi cristiani fanno figli anch’essi presto e gli arabi mussulmani addirittura superano queste percentuali (~60% dei figli nasce da genitori fra i 20 e i 29 anni d’età9), ma in generale la natalità araba è più bassa in termini assoluti, aggirandosi attorno ai 3 figli in media10.
Questo significa che anche le diverse generazioni di ebrei Haredi si susseguono più velocemente rispetto agli altri gruppi citati, ergo incrementando l’impatto degli alti tassi di natalità sulla loro crescita demografica.
Il radicale cambiamento che ne deriverebbe sul piano demografico avrebbe delle notevoli conseguenze sul piano politico interno ma anche geopolitico.
La quasi totalità degli ebrei Haredi dichiara di votare per partiti come Shas (partito conservatore) e Giudaismo Unito nella Torah (ultraconservatore), essendo quest’ultimo quello di gran lunga più popolare11. É qui importante sottolineare che Giudaismo Unito è un partito non sionista, e che difatti in tempi recenti non ha supportato le coalizioni di governo del partito nazional-liberale Likud di Netanyahu; ciò ha sicuramente avuto un ruolo nella crisi politica e nello stallo parlamentare che da ormai due anni hanno paralizzato le istituzioni israeliane e hanno causato quattro elezioni anticipate12.

In generale, il rapporto che gli ebrei ultraortodossi hanno con le istituzioni israeliane è alquanto conflittuale; a seconda delle correnti interne agli Haredi, fra il 18% e il 45% di essi non si identifica con lo Stato di Israele13, mentre la maggior parte degli uomini Haredi dedica la propria vita allo studio della Torah e non ha un vero lavoro né istruzione superiore, mentre coloro che studiano intendono comunque lavorare nelle proprie comunità di origine14. Gli Haredi si avvantaggiano inoltre di leggi israeliane ad hoc, che permettono a coloro che si dedicano allo studio della Torah di essere esenti dalla leva militare e gli garantiscono alcuni sussidi statali15; questo potrebbe portare ad un incremento della tensione fra società civile israeliana e ultraortodossi, visto che le tasse pagate in larga parte da ebrei laici vengono impiegate per supportare delle comunità semi-segregate in perenne crescita16 e peraltro economicamente poco attive17. Anche se le percentuali di giovani che lasciano le comunità Haredi di appartenenza non sono trascurabili, è difficile intravedere un grande cambiamento nel prossimo futuro18.
Con la pandemia di Covid-19 SARS si è inoltre approfondita la faglia fra ultraortodossi e istituzioni; più del 60% degli ultraortodossi si fida delle indicazioni date dai rabbini più che di quelle dei medici per combattere il virus, mentre l’80% si è sentito discriminato per le restrizioni imposte alle cerimonie religiose, e la maggior parte non si fida della polizia, dei ministeri della salute e dell’economia19. Quasi la metà non si fida assolutamente neanche delle forze armate20.
Demografia e geopolitica di Israele
Effettivamente è proprio il rapporto fra gli Haredi e il resto della società israeliana il fattore che potrebbe portare a gravi conseguenze geopolitiche per Israele; come già detto, molti Haredi sono scettici verso il sionismo, se non direttamente contrari all’esistenza dello Stato di Israele21, anche se questo non gli impedisce di avvalersi dei vari benefici che esso gli offre22. Il fatto che essi siano così influenti dal punto di vista elettorale, come già visto, rende difficile che le istituzioni israeliane vadano ad intervenire (anche coattivamente) per farli integrare nel resto della società. Allo stesso tempo, la loro crescita numerica diventa sempre più problematica anche per la sicurezza di Israele stessa, visto che il modello israeliano di difesa si basa sostanzialmente sulla leva militare per mantenere un potenziale convenzionale sia offensivo che difensivo sufficiente alla deterrenza.
Recentemente, la corte costituzionale israeliana ha dichiarato incostituzionali l’esenzione dalla leva per gli ebrei Haredi, mentre è in corso di studio una riforma della coscrizione per obbligare tutti i cittadini a servire nelle forze armate23, inclusi Haredi, mussulmani e cristiani (anch’essi ad oggi esenti). Questa riforma è tuttavia vista come praticamente inattuabile24.
Già nel 2019, conteggiando solo minoranze arabe e Haredi, 3 milioni di abitanti dello Stato di Israele erano sollevati dall’obbligo di leva (circa il 30% della popolazione totale)25; senza entrare troppo nei dettagli delle proiezioni demografiche dei paesi arabi vicini ad Israele, basti rammentare che entro il 2030 l’Egitto dovrebbe raggiungere i 130 milioni di abitanti, l’Iraq i 50 milioni, la Turchia gli 80 milioni, e la Siria 26 milioni26. L’eventualità che Israele finisca a fare il Davide contro il Golia del numerosissimo e crescente mondo mussulmano circostante si fa sempre più credibile, proprio mentre la crescita demografica israeliana viene soprattutto da comunità diffidenti o reticenti verso l’establishment nazional-sionista, e viceversa.
Ma se anche queste minoranze fossero obbligate ad integrarsi nel sistema-paese Israele, i suoi membri quanto sarebbero davvero disposti a stare dalla parte di Israele in caso di rinnovate violenze nei territori occupati o, addirittura, in caso di scontri con stati arabi vicini? Difficile a dirsi.
Inoltre, la dottrina di sicurezza nazionale di Israele si basa su una strategia di sicurezza nazionale difensiva ma pronta all’offesa quandunque emerga una minaccia, con enfasi sulla salvaguardia dello status regionale del paese e sul mantenimento del vantaggio relativo in termini di capitale umano, armamenti ad alta tecnologia e capacità d’intelligence27; è evidente che la sostenibilità di questi principî nei prossimi anni dovrà essere riconsiderata dagli apparati militari israeliani.
Una Israele di minoranze che diffidano una dell’altra sarebbe ulteriormente vulnerabile ad attacchi di natura ibrida e asimmetrica, come già avvenne nel 2006, quando i razzi di Hezbollah distrussero il morale e la coesione del mondo civile28; gli avversari di Israele, primi fra tutti Hamas e Hezbollah, oltre alla Repubblica Islamica dell’Iran sono ben consapevoli di questa vulnerabilità israeliana nel “fronte interno”.
Un modo per supplire a queste mancanze è anche la specializzazione in cyberguerra e operazioni ibride, cosa che peraltro è già diventata un’area di grande interesse per le forze armate israeliane, a partire da STUXNET29, malware che attaccò alcuni impianti nucleari iraniani tempo fa. Nel 2015, il paese ha anche creato una divisione di difesa cibernetica, anche per continuare ad intensificare i lavori di sviluppi di tecnologie informatiche d’avanguardia30. Bisogna specificare che il deterrente convenzionale israeliano rimarrebbe comunque relativamente valido, ma sarebbero le minacce “sub-convenzionali” (ovvero di organizzazioni e gruppi terroristici) e asimmetriche/ibride (inclusa la guerra cibernetica) a divenire un ambito in cui specializzarsi31 anche in vista delle già menzionate dinamiche di politica interna. Senza dilungarsi troppo sulla strategia di difesa e deterrenza israeliana, che richiederebbe una lunga analisi a parte, va anche detto che pure l’Iran si sta specializzando nel settore della guerra ibrida e cibernetica, come anche visto recentemente32 33.
Conclusioni
Una analisi geodemografica dello Stato di Israele ha un pregio apprezzabile, ovvero riesce ad individuare e prevedere alcune importanti dinamiche demografiche che potrebbero avere un effetto centrale nel determinare la stabilità politica e la coesione socioculturale di Israele nei prossimi decenni; a quest’ultime sarebbe d’uopo sommare i rapporti economici e redistributivi che sono in parte già attuali oggi ma che si andranno a consolidare in futuro nella società israeliana, come si è accennato precedentemente.
Naturalmente si è parlato qui di una analisi indicativa, che si è proposta soprattutto per portare alla luce le interazioni fra geopolitica e demografia, le quali raramente vengono considerate se non come parametro accessorio nell’approccio a varie realtà statuali e regionali.
Per quanto i numeri di cui si è parlato siano notevoli, bisogna anche tenere a mente che le proiezioni demografiche possono essere smentite da avvenimenti anche su media scala o da decise politiche statali volte a gestire o indirizzare la crescita di popolazione; pertanto, è sempre bene essere prudenti nel delineare scenari di esplosione o implosione demografica.
Il futuro, comunque, appartiene a chi fa i figli.
Orlando Miceli
2 https://www.un.org/development/desa/pd/sites/www.un.org.development.desa.pd/files/files/documents/2020/Jan/un_2017_world_population_prospects-2017_revision_databooklet.pdf
3 AA. VV, STATISTICAL REPORT ON ULTRA-ORTHODOX SOCIETY IN ISRAEL, 2016. https://en.idi.org.il/media/4240/shnaton-e_8-9-16_web.pdf
4 Ibidem.
6 STATISTICAL REPORT ON ULTRA-ORTHODOX SOCIETY IN ISRAEL, cit.
8 https://economy.pmo.gov.il/CouncilActivity/Strategy/Documents/Regional%20Population%20Scenarios%20for%20the%20State%20of%20Israel.pdf
9 Ibidem.
10 Ibidem.
12 https://www.aninews.in/news/world/middle-east/ultra-orthodox-jews-are-a-state-within-a-state-in-israel20210510111753/
14 https://www.timesofisrael.com/haredi-population-growing-twice-as-fast-as-total-israeli-population-report/
17 https://foreignpolicy.com/2019/04/17/the-ultra-orthodox-will-determine-israels-political-future-haredi-likud-netanyahu-shas-deri-utj/
18 Cfr. Lintl, Peter, The Haredim as a Challenge for the Jewish State, SWP Research Paper, 2020. Reperibile a: https://www.swp-berlin.org/10.18449/2020RP14/
20 Ibidem.
21 https://www.aa.com.tr/en/middle-east/haredi-jews-unfurl-palestinian-flag-to-protest-zionism/2210635
22 https://www.aninews.in/news/world/middle-east/ultra-orthodox-jews-are-a-state-within-a-state-in-israel20210510111753/
23 https://www.timesofisrael.com/idf-exemption-for-haredim-expires-but-nothings-likely-to-change-for-now/
24 Ibidem.
26 https://www.un.org/development/desa/pd/sites/www.un.org.development.desa.pd/files/files/documents/2020/Jan/un_2017_world_population_prospects-2017_revision_databooklet.pdf
28 Cfr. Barak, O., et al., The shift to defence in Israel’s hybrid military strategy. In: Journal of Strategic Studies, 1-33, 2020.
29 Ibidem.
30 Ibidem.
31 Cfr. Bar. S, Israeli strategic deterrence doctrine and practice. In: Comparative Strategy, 39, 4, 321-353, 2020.