Giano, dal latino “Janus” ossia passaggio o porta, è una delle più antiche divinità romane del periodo precristiano e, secondo alcune fonti, anche preromano. Insieme a Quirino parrebbe originare proprio dalla penisola italica, escludendo dunque qualsiasi origine o influenza ellenica. Giano è la divinità dei mutamenti e delle transizioni, e proprio per questo motivo era una figura onnipresente nella cultura romana: dai riti funebri, alle nuove nascite, ai matrimoni, ai cambi delle stagioni, fino alle vittorie militari. Divinità conosciuta e venerata da diversi popoli italici tra cui, oltre ai Romani, gli etruschi, viene raffigurato come un uomo dai due volti.
La tradizione vuole che queste due figure, di cui una guarda indietro e una in avanti, rappresentino passato e futuro. Difatti sono spesso associate ad un uomo anziano e ad uno giovane, proprio a voler rappresentare l’esperienza e la prudenza di chi si guarda indietro e l’audacia “divina” di chi si lancia verso il futuro. Tra queste due figure vi è una terza, non visibile e solo percettibile: il presente, l’attimo fuggente, l’Hic et Nunc.
Renè Guenon in “Simboli della Scienza Sacra” definisce questo aspetto e scrive:
“Fra il Passato che non è più e il Futuro che non è ancora, il Vero Volto di Giano, quello che guarda il Presente, non è, si dice, né l’uno né l’altro di quelli visibili. Questo terzo volto, infatti, è invisibile perché il Presente, nella manifestazione temporale, non è che un istante inafferrabile; ma, quando ci si innalza al di sopra delle condizioni di questa manifestazione transitoria e contingente, il Presente contiene al contrario Ogni Realtà.”
Proprio in onore a questa divinità, nel 713 a.C., Numa Pompilio istituì il mese di gennaio come primo dell’anno. Gennaio così è il mese degli inizi, ma allo stesso tempo anche dei resoconti, essendo così vicino al precedente anno. Rappresenta un mese, quindi, di transizione e cambiamenti; e così come si fa evidente la contrapposizione tra passato e futuro, anche il giorno e la notte iniziano a mutare, lasciando sempre più spazio alla luce.
Difatti Giano non è solo legato al mese di gennaio, ma più in generale al periodo che intercorre tra il solstizio d’inverno e quello d’estate, le cosiddette “porte solstiziali”. Questi periodi venivano anticamente considerati come momenti positivi dell’anno poiché davano accesso alla metà ascendente del ciclo zodiacale, periodo nel quale la luce solare era in constante aumento.
In corrispondenza dei due solstizi, a Roma venivano celebrati i Collegia Fabrorum, tra le più antiche manifestazioni di riti iniziatici romani proprio in onore del dio Giano. Renè Guenon a tal proposito scrive:
“A questo titolo, d’altronde, Giano presiedeva i Collegia Fabrorum, depositari delle iniziazioni che, come in tutte le civiltà tradizionali, erano legate alla pratica dei mestieri; ed è molto notevole che si tratti di qualcosa che, lungi dall’essere scomparso con l’antica civiltà romana, si è prolungato senza soluzione di continuità nel cristianesimo stesso, e di cui, per quanto strano ciò possa sembrare a coloro che ignorano certe ‘trasmissioni’, si può ancora trovare la traccia fino ai giorni nostri”.
Interessante è notare l’assonanza tra le festività solstiziali in onore a Giano e quelle cristiane legate ai due San Giovanni. Difatti le antiche festività romane legate a questa divinità sono state camuffate dal cristianesimo e celebrate in onore a San Giovanni Evangelista, che viene festeggiato il 27 Dicembre (periodo del solstizio d’inverno in cui il sole si trova al suo punto più basso), e a San Giovanni Battista, il 24 Giugno (momento in cui il sole tocca il suo punto più alto). In questo modo queste antiche feste della tradizione romana sono state mantenute vive, fino alla modernità.
La figura del dio Giano può essere anche analizzata da un punto di vista psicodinamico, identificandola metaforicamente con il cammino dell’uomo verso la libertà. Il primo passo per il raggiungimento di quest’ultima è la conoscenza del passato, del “mos maiorum”. La consapevolezza di ciò che è stato permette di proiettare il nostro io nel mondo e di creare una identità. Ed è così che attraverso l’identità l’uomo si può proiettare psichicamente nel futuro, e materialmente, attraverso il qui ed ora (Hic et Nunc) in un presente libero ed edificante. Ed è solo in questo “momento” che passato e futuro sono interconnessi e l’evoluzione spirituale dell’individuo si può compiere.
A tal proposito Plutarco, nelle Vite parallele, evidenziando la natura positiva della divinità nell’evoluzione dell’uomo scrive:
«Giano fu un semidio o un re che al tempo dei tempi, secondo la tradizione, strappò gli uomini dallo stato ferino e selvaggio in cui vivevano: lo fece mediante le riforme politiche e sociali. Giano è rappresentato con due facce appunto a indicare che procurò agli uomini una forma e condizione di vita più elevata della precedente».
E se è vero che solo nel presente si concretizzano questi mutamenti, è anche vero che la perdita del “senso celato” di queste figure mitologiche ci allontana dalla nostra storia e dal nostro passato. Troppo spesso nella società moderna le parole qui ed ora vengono interpretate in senso folcloristico e totalmente opposto rispetto a ciò che realmente stanno ad indicare. Tanti sono gli slogan, celati o espliciti, che invitano l’individuo a vivere alla giornata, non pensando né allo ieri né al domani, mettendo in evidenza la precarietà della vita umana e invitando allo sfrenato materialismo. È uno dei tranelli della modernità, che vende al prossimo l’illusione della libertà ancorandolo ad un presente vuoto e non consapevole, devoto al consumo sfrenato e alla paura.
Bisognerebbe far conoscere a tutti la lezione romana che la figura di Giano ci insegna: che non esiste futuro, né presente, per un popolo che non coltiva il passato.
Domenico De Falco
Fonti
- Plutarco, Vite Parallele
- Renè Guènon, Simboli della Scienza sacra