Per poter godere della capacità giuridica a Roma, una persona doveva essere in possesso di tre status: status libertatis, status civitatis e status famliae, cioè un individuo doveva essere contemporaneamente libero, cittadino romano e sui iuris.
La prima indispensabile condizione per godere di capacità giuridica a Roma era lo status libertatis, cioè l’essere un uomo libero. Liberi si nasceva o si diventava: nascevano liberi i nati da madre libera (ingenui), diventavano liberi gli schiavi liberati (liberti). La libertà poteva altresì esser persa: con la cattura i prigionieri di guerra diventavano schiavi, e tale regola valeva sia per i nemici di Roma che per i Romani stessi; tuttavia mal si tollerava che dei cittadini diventassero degli schiavi in patria, così il loro partimonio giuridico era tutelato dall’istituto dello ius postliminii: una volta tornato in patria, il cittadino romano avrebbe riacquistato libertà e cittadinanza. Schiavi si poteva diventare anche per debiti, e i genitori potevano vendere i propri figli neonati come schiavi (dal III secolo d.C.). Gli schiavi potevano ovviamente anche ottenere la libertà tramite manumissione, cioè l’atto tramite il quale il padrone liberava il servo. I liberti acquistavano anche, di norma, la cittadinanza romana, diventando così giuridicamente capaci. Tuttavia rispetto agli ingenui godevano di una minore considerazione sociale che li escludeva dall’esercizio di talune attività ed erano soggetti al diritto di patronato nei contronti dell’ex-padrone.
La seconda condizione necessaria per poter godere di capacità giuridica a Roma era lo status civitatis, che presupponeva ovviamente il possesso dello status libertatis. Cittadini romani si nasceva o si diventava. Erano cittadini romani i nati da padre cittadino (purchè procreati in matrimonio legittimo) e i nati fuori da iustae nuptiae da madre cittadina. Di norma anche gli schiavi liberati ottenevano la cittadinanza, che si poteva anche ottenere per concessione dello Stato romano. Perdevano invece la cittadinanza i cives ridotti in schiavitù e quelli che si trasferivano in colonie di nuova istituzione, oltre a coloro che venivano condannati all’esilio.
Infine, l’ultimo status necessario al godimento della capacità giuridica a Roma era lo status familiae, in quanto questa era riconosciuta solo alle persone non soggette a potestà (dominium, del padrone nei confronti dello schiavo; mancipium, del pater familias cui veniva “ceduto” il figlio di altro pater familias tramite mancipatio; patria potestas, del padre nei confronti dei figli; manus, del marito nei confronti della moglie in manu): le persone sui iuris. Potevano essere sui iuris sia uomini che donne, indipendentemente dall’età. I maschi sono abitualmente chiamati pater familias, a prescindere dall’effettiva paternità, in quanto il termine esprimeva l’attitudine a poter esercitare la patria potestas. Solo i pater familias però potevano avere filii e donne in manu sotto la propria potestà, le donne mai. Queste potevano, se sui iuris, essere titolari di diritti e doveri giuridici ma non di potestà familiari. Per il fatto che la donna poteva essere l’unica componente della sua “familia” si suol dire che era “familiae suae et caput et finis”.
Christopher Fucci
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