La grave crisi energetica che ha colpito l’Europa a partire dall’autunno 2021 (periodo in cui cominciarono ad aumentare i prezzi delle materie prime sui mercati globali) ha riportato all’attenzione di governi e decisori politici l’importanza dell’energia, non solo dal punto di vista della sua compatibilità ecologica, ma anche per quello che riguarda il suo approvvigionamento e la disponibilità fisica di energia in un sistema-paese.
Quest’ultima caratteristica, pur essendo ovviamente legata anche alle dinamiche di mercato, resta in ogni caso dipendente anche dalla sicurezza delle infrastrutture che fisicamente trasportano idrocarburi o quant’altro. La protezione di queste infrastrutture deve pertanto essere maggiormente valorizzata.
Infrastrutture energetiche e minacce
Gli impianti estrattivi, di stoccaggio e/o di raffinazione degli idrocarburi resteranno sempre intrinsecamente vulnerabili agli attacchi di vari tipi di attori, a partire da criminalità organizzata e milizie locali, come peraltro dimostrato in tempi ancora recenti dagli attacchi a impianti ENI in Nigeria[1] e in Libia.[2]
In generale, gli attori non convenzionali (come gruppi di ribelli o di terroristi) possono attaccare le infrastrutture energetiche con le modalità tipiche dei conflitti a bassa intensità o delle tattiche di guerriglia. Ad esempio, l’uso di ordigni per la distruzione o il danneggiamento di oleodotti e gasdotti è relativamente comune in America Latina e nel Vicino Oriente.[3] Altre forme di attacco a queste infrastrutture hanno spesso motivazioni anche economiche, come può essere il caso della manomissione di un oleodotto per sottrarre il prodotto e rivenderlo sul mercato nero; o anche il danneggiamento finalizzato all’estorsione o al ricatto di chi opera l’infrastruttura.[4]
In questi casi, e specialmente per quanto riguarda contesti con scarso monopolio della violenza da parte dello stato, sta agli operatori nel settore energetico sviluppare degli adeguati sistemi di intelligence e prevenzione/intermediazione, oltre al normale impiego di personale addetto alla protezione degli impianti. La messa in atto di procedure atte all’estrazione e elaborazione di informazioni anche sul campo e una corretta comprensione delle dinamiche dei contesti a violenza diffusa sono imprescindibili. Da parte delle forze armate che operano in questi contesti instabili, oltre all’ovvio uso della forza quando lo si ritenga opportuno e utile, è necessario sviluppare anche un armamentario tattico misto, che includa azioni di intelligence volte a destabilizzare, delimitare e isolare la rete logistica e sociale del bersaglio.[5] Fatto ciò, azioni di forza militare possono essere indirizzare contro ciò che viene identificato come centro di gravità del nemico.[6] Queste fasi possono essere ciclicamente alternate fino alla distruzione o riduzione della minaccia.
Anche attori convenzionali, come le forze armate degli stati, possono insidiare le infrastrutture energetiche, come già successo durante gli scontri degli ultimi anni fra Armenia e Azerbaijan, che avevano fatto temere eventuali attacchi agli oleodotti e gasdotti della regione.[7] Quando lo scontro è fra stati, l’attacco alle infrastrutture energetiche può avere valore in tutti i principali livelli dell’azione militare: tattico, operativo, strategico (fino agli obiettivi di strategia globale).
L’esempio più lampante e recente è tuttavia il gasdotto Nord Stream, del quale sono state fatte brillare tre delle quattro condutture principali a settembre 2022. Nessuna delle varie indagini in corso ha finora potuto identificare con certezza mandanti ed esecutori, anche se un articolo pubblicato dal noto giornalista Seymour Hersh ha indicato alcune altissime cariche degli Stati Uniti come mandanti e una collaborazione fra servizi di sicurezza e forze armate norvegesi e statunitensi come esecutori.[8] Per quanto la sua ricostruzione possa essere credibile, il tempismo e l’efficacia degli ordigni, oltre alle difficoltà insite in operazioni sottomarine, indicano comunque che solo forze altamente specializzate ed equipaggiate avrebbero potuto effettuare questo tipo di azione. Per questo motivo, l’ipotesi di un sabotaggio effettuato da un minuscolo commando di ucraini (la cui nazionalità, ma non l’identità, sarebbe in qualche modo stata appurata) risulta fantasiosa e poco credibile anche solo in relazione alla quantità di esplosivo necessaria.[9]
L’incertezza nell’attribuire le azioni ad una o ad un’altra parte rendono difficile reagire o mettere in atto azioni di rappreseaglia, oltre a rendere ancora più nebulosa l’indagine a posteriori su come si è effettivamente svolto un attacco per poterne derivare delle lezioni.
Nuove frontiere della protezione delle infrastrutture
A prescindere da queste considerazioni, l’attacco al Nord Stream ha aperto una nuova era della protezione delle infrastrutture chiave (critical infrastructure protection, CIP), termine che finora era stato confinato agli esperti di sicurezza e al gergo tecnico della Commissione Europea.[10] In particolare, lo studio e il mantenimento della sicurezza delle infrastrutture chiave si è spesso concentrato sugli aspetti digitali e di cybersicurezza[11], senza grandi progressi concettuali relativamente alla sicurezza e integrità fisica delle stesse.
Bisogna tenere presente che, a livello mondiale, il 95% del traffico di dati internet avviene grazie a circa 200 enormi cavi che solcano il globo passando soprattutto sott’acqua.[12] Inoltre, questi cavi si riuniscono in 10 passaggi obbligati, per motivi geografici.[13] Anche nelle acque territoriali italiane ve ne sono diversi.
Per quanto il sabotaggio non sia l’unico fattore di rischio per qualsiasi infrastruttura (lo sono anche calamità naturali, guasti ed errori, ecc.), è evidente la necessità di un ripensamento della sicurezza in questo ambito. Restando sulla sicurezza di gasdotti ed oleodotti, vale la pena evidenziare quanto possa essere esposto un paese come l’Italia, che dipende in gran misura da grandi gasdotti giacenti sui fondali del Mediterraneo come la TAP, il Greenstream, e il Transmed (oltre a interconnettori minori). Inoltre, tutti i maggiori rigassificatori italiani sono siti in mare aperto, e peraltro immettono gas in rete tramite piccoli gasdotti che conducono a riva.
Pertanto, la sicurezza marittima e sottomarina delle infrastrutture chiave italiane deve necessariamente essere ripensata anche tenendo conto della possibile azione di forze militari straniere, altamente specializzate e capaci di eludere la sorveglianza ordinaria che evidentemente non è stata sufficiente nel caso di Nord Stream. La delimitazione della Zona Economica Esclusiva italiana, introdotta nel 2021, può essere uno strumento anzitutto giuridico per tutelare gli interessi italiani delle infrastrutture sommerse.[14]
Sarebbe però opportuno anche coordinare e rafforzare le capacità e le attività di pattugliamento della Marina Militare in modo da includere anche attori statuali stranieri nello spettro delle minacce credibili alle infrastrutture chiave galleggianti e sottomarine.
Orlando Miceli
L’autore, Orlando Miceli – Fiorentino, classe ’95. Baccalaureato in Politikwissenschaft all’universitá di Vienna, studia a Trento per divenire consulente politico, con focus su economia politica, geoeconomia e geopolitica. Privatamente si interessa di storia, filosofia politica, strategia e sistemi d’arma.
Note:
1 Toelgzes, C. Attacco armato a un impianto dell’ENI in Nigeria: 4 morti, 7 i rapiti. In: AfricaExpress, 1/12/2021. https://www.africa-express.info/2021/12/01/attacco-armato-a-un-impianto-delleni-in-nigeria-4-morti-7-i-rapiti/
2 https://www.ilmessaggero.it/mondo/libia_eni_attacco_aereo_el_feel-4890260.html
3 Cfr. Tichý, L. Energy Infrastructure as a Target of Terrorist Attacks from the Islamic State in Iraq and Syria. In: International Journal of Critical Infrastructure Protection, 25, 2019.
4 Ibidem.
5 Kulungu, M. Movement for the “Emancipation of the Niger Delta” (MEND) Constitutes a Threat to the U.S. National Security. In: Open Access Librarz Journal, 8, 2021. pp. 13.
6 Ibidem.
7 Cfr. Tsereteli, M. Escalation in Karabakh: Implications for the Southern Gas Corridor. In: MEI, 2020. https://www.mei.edu/publications/escalation-karabakh-implications-southern-gas-corridor
8 Cfr. Hersh, S. How America Took Out The Nord Stream Pipeline. In: Substack, 08/02/2023. https://seymourhersh.substack.com/p/how-america-took-out-the-nord-stream
9 Canetta, S. Nord Stream, ora ha un nome lo yacht usato dai guastatori. In: Il manifesto, 12/03/2023. https://ilmanifesto.it/nord-stream-ora-ha-un-nome-lo-yacht-usato-dai-guastatori
10 Umbach, F. Russia-Ukraine: Critical Infrastructure Protection from sabotage is an unprecedented challenge the EU must face now. In: Energy Post, 29/11/2022. https://energypost.eu/russia-ukraine-critical-infrastructure-protection-from-sabotage-is-an-unprecedented-challenge-the-eu-must-face-now/
11 Ibidem.
12 Ibidem.
13 Ibidem.
14 Caffio, F. L’accordo tra Italia e Croazia per la delimitazione delle Zee. In: LimesOnline, 1/06/2022. https://www.limesonline.com/italia-croazia-zee-zona-economica-esclusiva-mare/128096