Nel 1879 è stata trovata in un monastero poco distante da Brugge, in Belgio, una lettera che vetusta è dir poco.
La lettera in questione, pervenutaci tramite ben trentanove manoscritti, è una lettera dell’imperatore Alessio I Comneno indirizzata al Conte Roberto I delle Fiandre non solo allo scopo di metterlo a conoscenza della tragica situazione dell’impero in Anatolia, scaturita dalla violenza dell’incursione turca, ma anche per richiedergli di inviare dei mercenari al fine di rafforzare le vacillanti difese imperiali, specialmente a seguito della brutta sconfitta inflitta dai Peceneghi nella battaglia di Distra del 1087 ed al seguito delle terribili incursioni dei ras Turcomanni Chaka-Bey e Abel-Kasim, rispettivamente nell’Egeo orientale ed in Bitinia.
Alessio e Roberto si erano conosciuti a Costantinopoli verso la fine di novembre del 1089, quando il Conte delle Fiandre era di ritorno da un pellegrinaggio a Gerusalemme: questi rimase così tanto affascinato dall’imperatore che, non appena ritornò nelle Fiandre, gli inviò prontamente circa 500 cavalieri corazzati per far fronte a quella situazione, i quali giunsero nella Nuova Roma al principio di Giugno del 1090. Ricevuti laute retribuzioni e pagamenti, i cavalieri intrapresero operazioni di rastrellamento in Bitinia, principalmente nella provincia di Nicomedia, ottenendo ottimi risultati.
Era evidente comunque che quella situazione non sarebbe durata a lungo: una nuova fluviale invasione della Tracia ad opera dei Peceneghi nell’ottobre del 1090 costrinse il Basileus a richiamare i cavalieri Fiandri dalla Bitinia, insieme a ciò che restava delle truppe stanziate in Asia Minore, per fronteggiar tale minaccia. Di conseguenza i Turchi, rinforzati da una caterva di Turcomanni, ne approfittarono per occupare Nicomedia verso la fine di febbraio del 1091.
La tragica situazione indusse Alessio Comneno a inviare la suddetta lettera, indicativa della condizione catastrofica in cui versava l’impero.
L’epistola fu scritta nella fine del 1090 – e sicuramente prima di Aprile del 1091 – per motivi che verranno presto detti. Il testo, redatto sotto l’attenta supervisione del Basileus in persona, fu sviluppato in due versioni, una greca ed una latina.
Fatti i dovuti convenevoli, Alessio I Comneno entra subito nel vivo della narrazione, fornendo dettagli macabri e raccapriccianti circa quelle incursioni.
Ecco quindi alcuni punti salienti del contenuto dell’epistola:
«[…] I Turchi hanno inondato col sangue e travolto tutti i territori da Gerusalemme sino all’Ellade, passando per la “Grecia Superiore”, ovverosia la Cappadocia Magna, la Cappadocia Citeriore, la Galazia, la Cilicia, la Ionia, la Bitinia, la Frigia Citeriore, la Troade e la Caria.
Ovunque hanno saccheggiato i castelli, gli insediamenti urbani, le chiese: monaci ed i sacerdoti sono stati massacrati barbaramente o torturati vivi con ferocia inaudita, le suore violate per soddisfare i loro appetiti. Le due grandi isole, Chios e Lesbo sono nelle mani degli invasori (id est di Chaka-Bey, ndr).»
L’Imperatore continua narrando come alle loro incursioni seguissero devastazioni, incendi, rapimenti, disgustosi sventramenti e decapitazioni, cui aveva assistito personalmente oppure in base alle testimonianze di soldati ed esuli in fuga.
«[…]I turchi radunano ragazzi e giovani nelle chiese, li assembrano sulle fonti battesimali, con una forza ed una violenza senza pari… il sangue scorre a fiumi nelle fonti. Altresì costringono quelli non ancora mozzati a recarvisi nel Presbiterio, sul quale li ordinano di urinare. Poi li forzano a rivolgere lo sguardo verso le sacre icone ed imprecare al loro indirizzo: quelli che rifiutano vengono massacrati come agnelli sul posto.[…]»
E la descrizione di quelle azioni immonde continua, mentre Alessio si abbandona ad una cruda riflessione:
«Le Sacre Chiese sono distrutte e profanate in innumerevoli modi. Come si può non piangere per tutto questo? Come si può rimanere impassibili quando si viene a conoscenza di queste azioni? Come si può non rabbrividire? Come si fa a non volgersi alla preghiera? Le nobildonne con le loro figlie, portate via da tutti i loro averi e massacrati i loro uomini, vengono poste in fila e denudate, massacrate una dopo l’altra, come bestie.
Alcuni [dei turchi] mettono spudoratamente le vergini di fronte alle loro madri e le costringono a cantare canzoni miserabili finché non finiscono quello che stanno facendo loro, costringendo le madri ad assistere al loro stupro. […]
Uomini di ogni età e provenienza, ragazzi, giovani, vecchi, aristocratici, contadini e financo preti, vescovi, monaci, qualora non massacrati, vengono disonorati con il peccato della sodomia e di ciò sta giungendo voce anche fuori dall’impero.»
In una confessione intrisa d’estrema sincerità, il Basileus dichiara all’imbarazzato Roberto:
«Sebbene io sia Imperatore, non riesco a trovare un antidoto o un piano adatto per oppormi a tutto ciò.»
Malgrado le tristi narrazioni e delle ombre tanto riguardanti un eventuale prosieguo al carteggio quanto un nuovo eventuale aiuto militare dalle Fiandre, resta il fatto che nel 1092 sarà l’intelligenza militare e politica di Alessio I Comneno, sicuramente uno dei più capaci imperatori bizantini, a far sì che l’impero avesse ragione sui Peceneghi e sui Turcomanni.
In una costante spirale di alti e bassi, Alessio I Comneno arriverà addirittura a chiedere un aiuto su larga scala a tutto l’Occidente, in particolare a Papa Urbano II, sebbene la crociata si risolse nel tragico epilogo di cui tutti siamo a conoscenza…
Autore: Ilias Anagnostakis
Traduzione: Michele Zabatta