Sin dalla fase monarchica e poi per quella alto repubblicana, periodi per noi ostici da cui estrapolare certezze, era di grande importanza per le gens patrizie far si che i propri figli venissero educati, spesso in casa, alle grandi gesta degli antenati e dei patrespatriae, maggiori figure di riferimento da cui trarre insegnamenti di vita. La metodologia degli exempla da cui trarre ammonimenti e direttive per il più corretto comportamento del civis romano rimarrà in voga anche con lo scorrere dei secoli. Catone detto il censore (234 a.C. circa – 149 a.C.) scriverà molte delle sue opere in funzione pedagogica poiché aveva a cuore la buona crescita delle future generazioni di romani. Ricordiamo in primis il suo “De Agricoltura” che altro non è se non un manuale su come coltivare la terra. Non bisogna mai dimenticare che i romani nascono e crescono come agricoltori prima che come guerrieri. In particolare Catone era interessato a trasmettere per loro i valori fondanti della pietas romana che consistono nel rispetto per la famiglia, per gli dei e per la patria. Con il passare dei secoli la cultura romana risente sempre più dell’influsso di quella greca fino a che non si crea una simbiosi a tutti gli effetti. Se inizialmente gli schiavi portati dalla Grecia venivano spesso utilizzati come precettori per i figli delle famiglie illustri, si arriverà poi a creare in età imperiale delle vere e proprie scuole. Il centro dell’attenzione in ambito educativo passa dagli esempi di vita alla retorica, fondamentale per poter compiere una brillante carriera forense che era all’epoca reputata la via più sicura per intraprendere poi il cursus honorum. Nella età della tarda repubblica diversi uomini conosciuti nel panorama letterario a Roma si cercarono di dire la propria opinione riguardo alle nuove generazioni e al sistema educativo che li accompagnava. Il maggiore esempio è Cicerone (106 a.C. – 43 a.C.), massimoavvocato e oratore che la storia romana abbia mai conosciuto. Egli scrisse un trattato, il “De officiis”, che dedica a suo figlio Marco allora studente di filosofia ad Atene. Vengono ancora una volta ribaditi i doveri del cittadino romano maturo e viene proposto un modello di vita sulla base della filosofia stoica, reputata perfetta per Cicerone per la classe dirigente romana dell’epoca data l’importanza che viene data nel dedicarsi al negotium (l’attività politica). Come accennato prima, con l’avvento del principato sorgono le prime scuole a Roma e sono meta ambita di tutti gli studiosi. Da Augusto in poi ci si preoccuperà sempre con maggiore attenzione dei testi da inserire nei programmi scolastici e su cui gli allievi dovranno imparare le variegate forme della lingua latina. Gli autori che ottengono fin da subito una grande fortuna sono Virgilio, Orazio e Cicerone, le cui opere vengono prese a modello sia per la poesia che per la prosa. Col tempo si scandiscono diversi gradi di insegnamento. Inizialmente i più giovani venivano mandati in quella che potremmo identificare come la nostra scuola primaria, dove l’importante era l’apprendimento della scrittura, della lettura e dei calcoli matematici di base. Crescendo si passava da un particolare maestro detto grammaticus. Egli aveva il compito di approfondire le conoscenze sintattiche e stilistiche degli studenti tramite testi indicati. Infine vi era il retor, massima figura per l’educazione nell’Impero. Pochi avevano il privilegio di poter essere istruiti da questi dotti, i quali facevano si che il discolo, una volta uscito dalla scuola, fosse ormai padrone di eloquenza, oratoria e retorica.Ma l’attenzione non era interamente riservata all’aspetto didattico, col tempo vi è sempre un maggior riserbo verso il lato pedagogico. Quintiliano (35 d.C. circa – 96 d.C.) nella sua opera, “Institutio oratoria” parla dell’importanza di come viene trattato l’allievo, soprattutto nelle età più giovani e fragili dal punto di vista psicologico. Secondo lui un buon maestro non dovrebbe mai utilizzare punizioni corporali e dovrebbe stare molto attento nell’elargire elogi come nel dispensare rimproveri, così da mantenere un ambiente equilibrato per la mente degli studenti così da ottenere una corretta formazione sia a livello scolastico che a livello umano. Da non dimenticare è infine che Quintiliano fu il primo professore salariato pubblicamente, in particolare dal fiscus imperiale. Questa opera viene usata come modello ancora oggi per i sistemi d’insegnamento, a dimostrazione di quanta poca distanza ci sia, in realtà, tra la vita di oggi e quella all’interno di Roma antica.
Roberto Del Frate
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