Legionari a giudizio: la commedia antistorica del giornalismo italiano

Legionari a giudizio: la commedia antistorica del giornalismo italiano

“E lì questo è rimasto, per venti secoli, a inaridirsi all’aria del deserto; ma soprattutto a testimoniare la crudeltà, e la grettezza, di Roma.”

Questa è la mesta sentenza emanata da un tribunale improvvisato non di merito in data odierna, 21 marzo 2021, ai danni dei legionari romani. Quale tribunale? Un blog di informazione, o pseudo tale in questo caso, dedito per la prima volta, a quanto pare, alla (mancata) divulgazione dei fatti storici. Un enunciato tanto conciso quanto banale, privo di reale significato e che non può che suscitare rammarico. Rammarico, si, per la stesura di un testo piatto e tendenzioso, che nulla può ascrivere alla Storia e il quale, tuttavia, pretende di “dimostrare” la Storia. La sua, per lo meno. Lo ripetiamo sempre: lo studio della Storia, flusso ed epopea delle imprese umane, richiede passione nel significato più insito del termine. Fatica nel cercare prove delle teoresi, argomentarle e con sacrificio accettarne i risultati. Non importa che i medesimi siano confacenti o meno al nostro pensiero: la Storia non ha pensiero. E’ super partes e aspetta solo di essere riportata alla luce.

Se anche solo uno dei suddetti parametri viene a mancare, che cosa rimane? Cosa risulta da una “vetrina” su blog che si diletta nel formulare dettami antitetici in luogo del rigore storiografico? Certo, vista la crisi ormai dilagante del giornalismo odierno, non ci si poteva aspettare un testo di disquisizione accademica. Nemmeno però ci si deve imbattere in un articoletto intriso di falsi storici, luoghi comuni e “mala verba” vomitati senza senno. Romani “orridi massacratori”. Lo sono stati? Si. Sempre? No. Altrimenti come solo si può spiegare lo spirito di emulazione delle civiltà globali nei secoli successivi alla “scomparsa” dell’impero dei Cesari se questi fossero stati solo “orridi massacratori”?

Potremmo sorvolare sui dati presi “sine ratione” dall’autore, come la legione romana formata da -addirittura- ottomila uomini. Nella storia dell’Urbe mai compare simile cifra negli annali istituzionali militari. Potremmo forse ignorare il fatto che si chiamino “massacratori” gli effettivi della decima legione “Fretensis” che irruppero nelle mura della fortezza di Masada. Tuttavia ci si deve chiedere: perché così definirli se, essendosi gli assediati tutti suicidati ritualmente, i “massacratori” non ebbero resistenza alcuna su cui affondare le proprie lame? I disordini di Gerusalemme furono causati nelle loro efferatezze più dagli assediati che dagli assedianti. Fratricidi, saccheggi e cannibalismo: gli autori riferiscono che persino i “quiriti” armati da Tito ne rimasero costernati. Perché demonizzare così la Res Publica? Il Tempio fu abbattuto in quanto focolare dell’ennesima rivolta antiromana, non per la cultura cui apparteneva. Furono quegli stessi romani, “tanto empi”, a volerne la riedificazione. Prima in chiave panteistica sotto Adriano, infine nel suo assetto originale con Giuliano. Solo un cataclisma sismico, di proporzioni mai viste prima, fermò il tutto. I romani annettevano, si, facendo però della diversità culturale abile rinnovo della propria inclusione nella civiltà di cui si erano portavoce.  E poi come non rammentare il detto “Pecunia non olet”? Come possono dei danarii essere fatti di un argento “grondato di sangue”? L’oggetto è muto, lo Storico gli attribuisce significato, lo stolto vi medita sopra fantasie e assurdità. La Storia non vuole personificazioni, né patos. L’imbarazzante asintoto del “giornalista” è puro teatro, degno delle peggiori commedie.

Non pretendiamo che un articoletto condiviso a casaccio e affetto da patologica sindrome d’analfabetismo funzionale possa davvero convincere i seri lettori di tante castronerie. Non temiamo questo. Siamo solo inorriditi dal fatto che dopo tanto impegno, non solo nostro, nella divulgazione storica, coloro che dovrebbero farsene carico nell’informare l’opinione pubblica giungano a cotanta bassezza di contenuto.
Il titolo clickbait può anche essere giustificato in sé per sé. D’altronde la Storia non è argomento per tutti né pane quotidiano dell’informazione, quella vera almeno! In questo caso però sfugge ancora qualcosa. Davvero un “giornalista”, ammesso e non concesso che di tale appellativo possa fregiarsi, giunge ad architettare una narrazione così meschina, incoerente con sé medesima, anche solo a distanza di poche righe, e così pesantemente influenzata dai cliché hollywoodiani? Forse noi Storici possiamo dormire sonni tranquilli.
E’ l’attuale “giornalismo” a mettere in discussione se stesso.

Francesco Rossi