Vegezio e il De Re Militari

Vegezio e il De Re Militari

Vegezio fu un funzionario romano noto principalmente per la sua opera De Re Militari, oltre che per un trattato di veterinaria. Uomo colto e appartenente alla classe dirigente romana, fu come moltissimi altri fortemente impressionato dalla disfatta romana di Adrianopoli, nel 378 d.C, che peraltro determinó la morte dell‘imperatore Valente e la perdita di almeno 10.000 soldati. Lo shock culturale fu enorme; una forza di 15.000-20.000 Romani distrutta da dei barbari, soverchi per numero ma certo non per intelligenza militare!

Vegezio decise quindi di sintetizzare i più importanti precetti dell’arte militare romana in un’opera unica, che potesse idealmente servire ai militari romani e alla corte imperiale per la ricostituzione di un esercito imperiale adeguato. L’opera si compone di quattro libri:
– Il libro I, dedicato principalmente alle operazioni di reclutamento dei legionari
– Il libro II, che tratta dell’organizzazione della legione romana.
– Il libro III, compendio delle tattiche romane classiche.
– Il libro IV, dedicato a vari altri temi, fra cui l’organizzazione degli assedii e le operazioni navali.

In particolare, Vegezio volle evidenziare l‘importanza della selezione delle reclute, che dovevano essere preferibilmente scelte fra popolazioni rurali o ceti operai, e dunque abituate alla fatica e al lavoro. Inoltre, il carattere morale e fisico dei legionari doveva essere costantemente temprato dall’addestramento, da riprendersi dai regolamenti mariani e augustei. Le altre questioni piú pressanti trattate da Vegezio riguardano la formazione e l’acume dei comandanti romani, oltre alla gestione della logistica. L’opera ebbe una grandissima diffusione in epoca romana e nei secoli successivi (certamente ebbe fortuna in Europa a partire dall‘epoca carolingia), divenendo un classico della letteratura militare fino in epoca moderna. Un successo che fu specialmente favorito dalla dichiarata fede cristiana di Vegezio.

Forse anche il carattere eminentemente accademico contribuí a determinarne la fortuna fra studiosi e filosofi; Vegezio infatti esorta l‘imperatore (a cui dedica l‘opera, spesso identificato con Teodosio I[1]) e la corte imperiale a restaurare la legione cosí come essa appariva sotto Augusto, rientrando pienamente nella nostalgia per il mos maiorum degli antichi Romani. Tre secoli e mezzo dopo la morte del Princeps, era tuttavia poco realistica l‘esortazione a restaurare un sistema militare nato in epoca e circostanze completamente diversi.

La particolare attenzione dedicata al fattore umano della macchina militare romana evidenzia una fine comprensione di ció che porta un esercito ad essere vittorioso ancora prima di affrontare il nemico; ma le innumerevoli guerre civili, le pestilenze, le scorribande dei barbari e le crisi economica avevano reso impensabile l‘applicazione di alcune misure proposte da Vegezio (come il prediligere reclute alfabetizzate e ufficiali con una buona comprensione del latino scritto e parlato). Il grosso delle forze imperiali era vieppiú composto da foederati assoldati per l‘occasione e tenuti buoni con promesse di concessioni e bottino, mentre i cittadini romani servivano soprattutto nei reparti comitatensi, armati spesso a foggia germanica.

Anche la volontà di citare gli elementi degli assedi e i dettagli dell‘artiglieria denota una visione poco realistica delle necessitá dell‘esercito romano dell’epoca; fu Aureliano, un secolo prima del De Re Militari, l‘ultimo imperatore a condurre una serie di attacchi a cittá giá romane ma tenute da ribelli o separatisti. L‘epoca della legione pesante delle grandi campagne di Roma era tramontata da tempo, e l‘Impero della fine del IV secolo era sulla difensiva su tutti i fronti.

Come detto, la natura accademica del De Re Militari é a un tempo il suo più grande limite e la sua più grande forza; oltre alle disposizioni pratiche dell’opera, che pure ne costituiscono il fulcro e telos, é la grande volontà di Vegezio di riportare i suoi coevi ad un pensiero sistematico e razionalizzante nell’affrontare le questioni militari. Sono in effetti le argomentazioni moralistiche a rendere spiccatamente filosofico il contenuto di fondo del trattato: un buon comandante deve tenere conto della disciplina e della qualitá morale dei propri soldati; la decisione di ingaggiare il nemico deve essere presa considerando le probabilitá di vittoria, non le opportunità di gloria e prestigio personali; un comandante saggio si avvale del consiglio dei propri sottoposti e collaboratori, i quali devono essere incoraggiati ad esprimersi sinceramente; le condizioni oggettive delle proprie forze e di quelle del nemico devono essere analizzate attenendosi ai fatti; etc.

É quindi il modus cogendi et agendi implicitamente propugnato da Vegezio a costituire il valore dell’opera stessa, al di lá delle disposizioni pratiche contenute nel testo. Il voler realizzare un compendio “pratico”, il volere rendere sintetico e efficace il recupero del pensiero militare dei secoli precedenti – rappresentano un enorme passo in avanti nella letteratura militare, facendo dell’opera una pietra miliare dei trattati militari. Per quanto frutto di un’epoca caotica e decadente per Roma, il De Re Militari trascende il tempo in cui fu scritto e resta un’opera di grande valore, soprattutto filosofico.

Orlando Miceli

Note:

[1] Cfr. GOFFART, WALTER. THE DATE AND PURPOSE OF VEGETIUS’ DE RE MILITARI. In: Traditio, vol. 33, 1977, pp. 65–100. JSTOR, http://www.jstor.org/stable/27831025. Accessed 22 May 2022.