Sulla sponda occidentale dello Stretto dei Dardanelli – quella lingua d’acqua che separa l’Europa dall’Asia – sorgeva sin dal VII secolo Avanti Cristo l’insediamento greco di Bisanzio. Voluta in principio dai megaresi, la fortezza “bizantina” assolveva ad una funzione geopolitica precisa: confinare l’espansionismo fenicio alla porzione asiatica dello stretto, presso cui questo popolo del vicino oriente antico aveva stabilito degli avamposti militari e commerciali.
Resistita dapprima alle mire espansionistiche di Filippo II di Macedonia, Bisanzio cadde infine dinanzi al figlio di questi, Alessandro il Grande, che di lì a poco ne avrebbe fatto autostrada fondamentale del disegno infrastrutturale del proprio Impero euroasiatico. Con la spartizione dell’Impero macedone fra i diadochi di Alessandro, Bisanzio si trovò infine a essere parte del Regno di Pergamo, e tale rimase fino a quando Attalo III – ultimo sovrano di quel regno ellenistico – non la cedette per testamento alla Repubblica Romana (133 a.C.).
In età imperiale, l’antica Byzantion rimase per lungo tempo nell’ombra, complice la maggior importanza che oi romaioi riconoscevano alla sponda asiatica del Mar di Marmara, presso cui sorse la sede imperiale di Diocleziano: Nicomedia. La storia volle che alla rinascita di Bisanzio, cuore del disegno strategico dell’Imperatore Costantino, si accompagnasse quella di tutto l’ecumene romano, straziato da ormai un secolo di lotte intestine (235 – 324), interrottesi solamente sotto il dominato dioclezianeo.
Dopo aver sconfitto Massenzio in occidente (312) e l’ex collega Licinio in oriente (324), Costantino, vedendo nella pars orientalis il futuro della potenza romana, decise di fondarvi una città destinata a strappare a Roma il suo primato: la scelta cadde sul sito di Bisanzio, ribattezzata come Nuova Roma.
Come riferisce lo storico della chiesa Filostorgio, Costantino svolse il 18 novembre 328 il lungo cerimoniale della “Limitatio”, tracciando il peribolo della città mentre era ‘guidato da una forza sovrannaturale’. Testimonianza, questa, pensata per accontentare sia la componente pagana della città che quella cristiana, cara agli interessi dell’Imperatore.
La solenne inaugurazione avvenne però solo due anni più tardi, quando, l’11 maggio 330, nacque la nuova capitale. Destinata a passare alla storia come Costantinopoli, la Nuova Roma – insieme a tutta la pars orientalis – avrebbe retto e brillantemente superato la crisi del V secolo, che avrebbe segnato invece la scomparsa dell’autorità imperiale in occidente.
Nessuno fra persiani, slavi, avari, bulgari e arabi riuscì mai, in oltre mille anni di storia, a mettere le mani sulla Regina delle città, la Nuova Roma, protetta da un esercito non inferiore a quello dei cesari, generali di finissima cultura tattica e militare, una diplomazia capillare e da una cinta muraria, quella teodosiana, che rimase insuperata fino all’avvento delle armi da fuoco.
Furono necessari il tradimento dell’occidente, culminato con la presa e il sacco di Costantinopoli per mano di franchi e veneziani (1204), e l’impiego dei cannoni di Maometto II, per piegare infine la città nel 1453. Prima di questa data, come la definì la storica Judith Herrin, Costantinopoli brillava come “un cuore vivo e pulsante di un corpo, quello dell’Impero dei Cesari, ormai morto da tempo”.
Samuele Vasapollo
L’autore: Vicepresidente di Renovatio Imperii, si occupa della direzione dell’associazione, dell’organizzazione di eventi, conferenze, e della stesura di articoli, con un focus sull’età tardo imperiale, bizantina, islamico-califfale e ottomana. In ambito professionale lavora come analista di relazioni internazionali. Si dedica specialmente allo studio dell’area MENA (Medioriente e Nord Africa) e dello spazio post-sovietico. Al momento, è analista geopolitico presso IARI (Istituto Analisi Relazioni Internazionali), ISG (Italia Strategic Governance) e Analytica for Intelligence & Security Studies.
Dello stesso autore leggi anche ‘L’Impero di Flavio Teodosio (379-395)‘
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