La crescita dei boschi in Italia
In Italia da anni si è ormai stabilita una tendenza abbastanza costante per quanto riguarda la superficie forestata nazionale; le selve si espandono infatti a ritmi abbastanza sostenuti, calcolato attorno ai 28 mila ettari netti ogni anno1. Di questi, solo 1700 ettari sono derivanti da attività di rimboschimento controllato2.
Ormai la superficie forestata nazionale ha raggiunto il 40% del totale3, mentre il confronto con la situazione degli ultimi 30 e 80 anni segna un incremento del 25% e del 75% rispettivamente4. Nonostante questo possa apparire come una lodevole riforestazione del territorio nazionale, si tratta in verità di una crescita incontrollata, derivante principalmente dall’abbandono di terreni agricoli e pastorali o precedentemente abitati5, che ha causato anche un notevole aumento della massa critica per incendi e dissesto idreogeologico.
Fra le altre cose, si stima che nel 2017 l’assorbimento annuo di anidride carbonica da parte delle foreste italiane sia stato nullificato dalle emissione derivanti dagli incendi, mentre siccità e riduzione dei flussi idrici espongono gli alberi a nuovi parassiti e patologie6. Una crescita incontrollata dei boschi può anche esacerbare i problemi relativi a specie infestanti come i cinghiali, che sono nocivi per la biodiversità7 e che si diffondono nelle aree forestate. A questo si accompagna la scarsità di vegetazione arboricola nelle grandi città, che viene indicato come uno dei fattori che contribuiscono all’aumento delle temperature nei grandi centri urbani8.
La dimensione economica e istituzionale del legname
Vi è inoltre una dimensione economica del malgoverno forestale. L’Italia è infatti il primo paese al mondo per importazioni di legna combustibile, che si aggirano annualmente attorno al milione di metri cubi9, secondo dati del 2019. Nello stesso anno, gli Stati Uniti hanno importato circa 230 milioni di metri cubi, la Germania 317, il Regno Unito 35410. Al contrario, le esportazioni sono relativamente basse: l’Italia esporta appena un 11 mila metri cubi di legname11, mentre la Francia ne esporta 488 mila, l’Ucraina più di un milione 12. Per quanto queste cifre ridotte potrebbero indicare un notevole sforzo conservazionistico, come si è visto, la superficie forestale cresce senza che ne derivino particolare vantaggi per la biodiversità. Lo scarso abbattimento della nuova superficie forestale diviene particolarmente evidentente quando si fa il confronto con la media europea: in Italia se ne abbatte circa il 35%, in Europa circa il 60%13.
Considerando in generale il fabbisogno di legna da ardere, tondo e segati, è stato stimato che la disponibilità in Italia sarebbe teoricamente il doppio della domanda14; la disponibilità reale è notevolmente inferiore, per via di problematiche relative al tipo e alla qualità del legname, oltre alle questioni strutturali (proprietà frammentata o non fruibile, vincoli di vario genere, etc.)15. Ciononostante, esiste comunque un bacino di risorse forestali di scarso o poco valore naturale che potrebbe veramente essere adeguatamento sfruttato per importazioni ed esportazioni, e al quale varrebbe la pena attingere anche solo per la questione energetica: la biomassa legnosa rappresenta difatti uno dei combustibili principali della produzione energetica rinnovabile16, con un potenziale equivalente a circa un quarto delle importazioni di gas dalla Russia17 (e quindi circa il 10% a livello nazionale).
Vi sono anche ostacoli di natura istituzionale che impediscono una corretta gestione silvicola; l’adozione del Testo Unico in materia di Foreste e Filiere forestali (TUFF, 34/2018) con relativo decreto attuativo ha fornito uno standard minimo di gestione del patrimonio forestale anche per regioni e province autonome18, anche se non è ancora noto in quale misura gli enti locali abbiano recepito la normativa. Si tratta tuttavia di un importante strumento normativo necessario per il miglioramento della gestione forestale in Italia19.
Il PNRR ha invece rappresentato un’occasione persa per il risanamento del patrimonio forestale e della sua gestione, che con procedure burocratiche più snelle avrebbe sicuramente potuto essere strumento di una visione generale più ambiziosa rispetto alle scarse risorse stanziate20. D’altra parte anche lo scioglimento del Corpo Forestale nel 2016 viene talvolta indicato come momento spartiacque, avendo segnato la perdita di un patrimonio tecnico-culturale specifico21.
E’ degna di nota l’istituzione nel 2016 della Banca della Terra, un portale istituzionale che ha come obiettivo principale la distribuzione di terre incolte soprattutto a giovani agricoltori22. Nonostante l’iniziativa sia ignota ai più e continui ad essere affiancata da progetti simili portati avanti dalle singole regione in maniera abbastanza dispersiva, è importante riportare l’attenzione istituzionale ma anche del grande pubblico sulla rivalorizzazione del territorio, cosa che include naturalmente anche impedire o invertire la tendenza all’abbandono di superficie coltivabile, specialmente quando si tratta di terreni coltivati da secoli e il cui disuso porta solamente all’aggravarsi dell’equilibrio dell’habitat locale, come già detto. Si parla quindi di combattere l’abbandono di questi terreni e, ove necessario, restituire quelli già abbandonati alla produzione agricola, e allo stesso modo produrre valore (soprattutto producendo biomassa combustibile) anche nel contesto dell’incertezza energetica che ci accompagnerà per i prossimi anni.
Orlando Miceli
L’autore, Orlando Miceli – Fiorentino, classe ’95. Baccalaureato in Politikwissenschaft all’universitá di Vienna, studia a Trento per divenire consulente politico, con focus su economia politica, geoeconomia e geopolitica. Privatamente si interessa di storia, filosofia politica, strategia e sistemi d’arma.
Note:
1 https://www.e-gazette.it/sezione/ecologia/primato-boschi-mai-tante-foreste-italia-sono-11-milioni-ettari
2 Ibidem.
3 Il Sole 24 Ore, L’Italia piena di foreste, mai così tante, 11 agosto 2020. Disponibile a: https://inu.it/wp-content/uploads/sole-foreste-11-agosto-2020.pdf
4 Ibidem.
5 Ibidem.
6 Ibidem.
7 Todini, A. & Crosti, R. Il cinghiale (Sus scrofa) come determinante di cambiamenti divegetazione in una foresta urbana mediterranea: impatto sullabiodiversità di un’area protetta. In: Forest@ – Journal of Silviculture and Forest Ecology, 17, 2020. pp.71-77.
8 https://www.cnr.it/it/comunicato-stampa/9680/caldo-estivo-in-citta-pochi-alberi-e-consumo-di-suolo
9 Cfr. FAO Yearbook of Forest Products 2019. In: FAO Forest Statistics, 2019. Pp. 93 Disponibile a: https://www.fao.org/forestry/statistics/80570/en/#:~:text=The%20FAO%20Yearbook%20of%20Forest,of%20trade%20in%20forest%20products.
10 Ibidem.
11 Ibidem, pp. 400.
12 Ibidem.
13 E-gazette, cit.
14 Cfr. Torreggiani, L. Importazioni di legno in Italia:riflessioni su domanda e offerta. In: Compagnia delle Foreste, Arezzo, 2017. Disponibile a: https://www.compagniadelleforeste.it/filevari/2018/Prodotti_legnosi_innovativi-Importazioni_di_legno_in_Italia.pdf
15 Ibidem.
16 https://www.canaleenergia.com/rubriche/efficienza-energetica/lenergia-rinnovabile-da-biomassa-legnosa-potrebbe-sostituire-da-sola-9-miliardi-di-m3-di-metano/ > Link
17 Ibidem.
18 Cfr. Corona, P. Cucca, B. & Alivernini, A. Un percorso sfidante per la pianificazione forestale in Italia. In: Forest@ – Journal of Silviculture and Forest Ecology, 19, 2022. Pp. 95-97.
19 Ibidem.
20 Cfr. Romano, R. Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza Next Generation EU:un’occasione persa per le foreste italiane. In: Forest@ – Journal of Silviculture and Forest Ecology, 18, 2021. Pp. 5-7.
21 Cfr. Il Sole 24 Ore, L’Italia piena di foreste, mai così tante, cit.
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