Seguendo un tipico copione della diplomazia trumpiana, pochi giorni fa è stato improvvisamente annunciato un vertice fra Stati Uniti e Russia, avente come tema il conflitto russo-ucraino in corso.
Nonostante l’annuncio sia stato improvviso, è evidente che questo è il frutto di molti mesi di lavoro dietro le quinte, e il formato del summit bilaterale corrisponde sia allo stile politico del presidente Trump, sia alla sua ambizione di porre fine al conflitto il più velocemente possibile, come da lui spesso ripetuto prima e dopo l’insediamento alla Casa Bianca.
L’elemento più vistoso del vertice, che si terrà in Alaska il 15 agosto, è l’assenza dell’Ucraina come parte in causa – assenza che il presidente ucraino sta già cercando di compensare prendendo contatti con i paesi dell’UE e con gli stessi Stati Uniti.
Nondimeno, l’impostazione bilaterale del forum con l’incontro fra due grandi personalità, Trump e Putin, rammenta il dialogo fra grandi potenze ottocentesche, nel quadro di un approccio al conflitto russo-ucraino in cui sarà difficile per le potenze medie e piccole avere un ruolo anche marginale.
Premesse
In primis, è necessario comprendere che in un incontro faccia a faccia fra Putin e Trump le caratteristiche personali, psicologiche e caratteriali dei due leader avranno una grandissima importanza, fatto al quale i paesi anglo-europei non sono più abituati. Tuttavia, nel linguaggio politico-strategico di Trump, l’incontro personale ha un grande significato (vedasi il dialogo tenuto con il leader nordcoreano Kim Jong Un durante il primo mandato presidenziale) ed è basato principalmente sulla stima che Trump ha per la controparte.
Questa attitudine, esemplificata anche nel disastroso incontro fra Trump, il suo vicepresidente Vance e Zelenskij, è un fattore fondamentale che non sfuggirà a Putin, il quale potrà sfruttare la stima di cui gode presso Trump per favorire la propria posizione.
A parte questo, la questione russo-ucraina verrà discussa secondo i criteri tradizionali del dialogo fra grandi potenze, ovvero soppesando le rispettive pretese e i rispettivi interessi nazionali.
Sarebbe difficile negare che nella questione ucraina, la Federazione Russa ha viepiù indicato che attorno ad essa ruotano i propri interessi vitali, come anche dimostrato dalla ferrea volontà di avviare e continuare l’intervento armato in Ucraina.
Viceversa, gli Stati Uniti hanno un interesse più che marginale nell’area dell’Europa Orientale, e anzi da più di un quindicennio essi hanno avviato il cosiddetto «perno in Asia» (Pivot to Asia), ovvero il concentramento delle proprie forze politico-strategiche in Asia orientale in chiave anticinese.
Bisogna inoltre considerare che la Russia, dopo 3 anni di guerra, controlla la maggior parte di 4 regioni (Donezk, Lugansk, Cherson, Zaporiggia), oltre alla Crimea.
Lo status quo è stato definito dalle armi: le richieste russe da porre sul piatto delle trattative saranno quindi maggiori.
Risulta inoltre interessante la scelta del luogo dove si incontreranno i convenuti; a molti l’Alaska è parsa simbolica soprattutto per la sua storia di colonia russa durante l’epoca zarista, ma è probabile che i motivi siano più pragmatici.
Trump così facendo ha onorato il presidente Putin invitandolo ufficialmente su suolo statunitense; al contempo, la visita ha luogo nel più sperduto e meno abitato fra gli stati americani, e Putin non riceverà gli onori diplomatici in luoghi ben più significativi, come Washington. Inoltre, Trump ha probabilmente voluto allontanarsi da occhi e orecchie indiscreti degli apparati diplomatico-militari, sempre presenti nei centri del potere americano, avendo quindi buone opportunità di evitare fughe di informazioni o indiscrezioni.
Scenari possibili
Da parte russa, è probabile che al riconoscimento delle conquiste territoriali si aggiungano anche richieste relative alla smilitarizzazione dell’Ucraina, oltre allo smantellamento di ogni sua prospettiva relativa a NATO e UE. Visto l’esito dei famigerati accordi di Minsk fra 2014 e 2015, formalmente garantiti da Francia e Germania ma poi rimasti lettera morta, è possibile che Putin richiesta di farsi garante in prima persona, o di coinvolgere uno o più paesi terzi (probabilmente fra i BRICS+).
La sempre reiterata (e anche in queste ore ribadita) opposizione di Zelenskij a qualsiasi mutamento territoriale che devii dai confini costituzionali dell’Ucraina potrebbero essere un utile pretesto per richiedere nuove elezioni da parte russa, in modo da dare vita ad un governo che accetti in qualche modo i suddetti cambiamenti, oltre ad eliminare Zelenskij come figura politica.
In ogni trattativa, le prime offerte non hanno il vero scopo di essere accettate in ogni loro parte, ma fungono da approccio per il bilanciamento delle controproposte. In questo, è probabile che Putin basi la propria strategia sul richiedere in sostanza un accomodamento totale di ogni obiettivo strategico della campagna d’Ucraina per saggiare le vere possibilità disponibili.
Per Trump, il principale metro di giudizio saranno invece il suo istinto politico e le sue inclinazioni personali, anche vista la sostanziale assenza di interessi geostrategici americani, come già detto.
L’evidente disprezzo che nutre per Zelenskij così come le inimicizie e la disistima che ha per gli europei lo influenzeranno indubbiamente, ma è possibile anche che Trump non voglia offendere troppo questi ultimi, nonostante fra i grandi paesi quasi nessuno abbia un un leader gradito a Trump.
Potrebbe quindi favorire un sostanziale congelamento del conflitto senza sbilanciarsi sul riconoscimento delle conquiste russe, offrendo invece una prospettiva di normalizzazione delle relazioni con la Federazione Russa ed una graduale riduzione del regime sanzionatorio, oltre ad eventuali altre facilitazioni economiche, specialmente sulle terre rare ucraine.
Zelenskij e gli europei
Come già detto, si è già tenuto un forum anglo-europeo durante il quale Zelenskij avrà indubbiamente avuto modo di continuare la sua strategia di mobilitazione dei paesi occidentali a proprio favore. Dopo queste consultazioni, Trump si è pubblicamente espresso dicendo che non discuterà dei confini ucraini in questa occasione.
Zelenskij inoltre è ben consapevole che il suo destino politico dipende dall’incondizionato supporto occidentale alla causa ucraina.
Inoltre, l’Ucraina ha da tempo perso l’iniziativa strategica, e dopo il fallimento dell’offensiva in territorio russo nei pressi di Kursk, e non rimangono contropartite significative da poter portare sul tavolo delle trattative.
La gran parte dei paesi europei è al momento governata da politici che si sono schierati apertamente da parte ucraina, nonostante la crescente impopolarità delle posizioni oltranziste” a favore dell’Ucraina. Questi paesi non sono nella posizione di influenzare in modo significativo l’andamento sul campo delle guerra, ma se gli Stati Uniti dovessero ritirare il proprio supporto sia economico che morale alla causa ucraina, essi si troverebbero di fronte ad un dilemma impossibile – ovvero restare sulle proprie posizioni senza speranza di un esito favorevole all’Ucraina mentre tutti i costi (già al limite dell’insostenibilità politica ed economica) ricadrebbero su di loro, oppure allinearsi agli Stati Uniti dopo avere invece propugnato la massima intransigenza.
Essi quindi condividono con l’Ucraina lo stesso interesse nell’evitare che gli Stati Uniti interrompano il proprio supporto politico ed economico, pur non potendo offrire alcuna contropartita agli Stati Uniti stessi.
Molto rumore per nulla?
Nonostante il grande potenziale del summit in Alaska, è bene ricordare che ambo Putin e Trump hanno dei notevoli incentivi per far sì che i colloqui finiscano in un nulla di fatto.
Trump, dopo aver ripetutamente promesso di porre fine al conflitto, potrebbe pubblicamente dichiarare di aver fatto ogni possibile tentativo, e che sarebbe colpa di Putin e/o Zelenskij e/o degli europei di aver impedito una risoluzione del conflitto. Così facendo, potrebbe comunque ritirare gli USA dalla partecipazione indiretta al conflitto evitando conseguenze politiche e diplomatiche, e abbandonando de facto l’Ucraina al suo destino.
Putin potrebbe anch’egli dichiarare pubblicamente di aver tentato ogni via diplomatica, mentre le sue armi sono vittoriose sul campo e il territorio in mano alla Russia si accresce giorno dopo giorno.
Non è quindi detto che la storia di questo conflitto sia già arrivata al suo epilogo, come potrebbe invece apparire.
